Luci ed ombre, chiaroscuri per una pittura che veste il suo
pronunciarsi come un’indagine del mistero. Le immagini in mostra sono disegnate
a matita, con tratti finissimi vengono letteralmente “evocate” figure di bimbi
con le piccole mani che si schermiscono, che nascondono il viso davanti agli
occhi di chi guarda, quasi a ricordare l’importanza di tutto ciò che non si
riesce a vedere, o che non si può vedere per la gran pena, per un ricordo
inenarrabile che questi bimbi hanno nel loro cuore, nei grembiulini scolastici
che vestono in ripetuti toni grigi la nostra visione, e silenziosamente parlano
di sé, di noi che guardiamo, che possiamo anche noi nasconderci a una luce
impossibile. Il disegno è millimetrale, vivamente perfetto. Ci conduce per mano
nelle storie reiterate di questi bimbi, che sono proprio così, pieni d’amore e
soggezione, e ci rimandano un’immagine di noi, commossi, in attesa di schiudere le mani per un sogno
fecondo, per una luce che s’intravede all’interno del vano della galleria,
dietro una tenda nera che è veramente un sipario. Aldilà di essa la scena, il
sacello della più profonda voce che l’Artista ci può trasmettere, nelle sagome
delle stesse manine insieme ad altre immagini di adulti a volto coperto che
s’accendono attraverso piccole lanterne, e sono immagini votive, certe
speranze, purché si abbia il coraggio e l’amore di ricordare agli occhi ciò che
non si vede, ma si spera di scorgere sul proprio cammino come una leggenda, una
fiaba nascosta in vena di rivelarsi. Ed ecco che lo sguardo acquista
consapevolezza! I dolci bambini silenti rovesciano dietro un sipario di
clemenza e d’attenzione il loro piccolo cuore, e noi ripetutamente fermiamo gli
occhi sulla loro stessa visione, diventiamo piccini e ci convertiamo alla luce
fioca e a quella piena, con le parole che sfuggono ogni dove e si trasformano
in colorate veggenze.
Enrica Loggi
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