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canto di vita


Un incontro di poesia alla Galleria Marconi, raccontato da Sara Di Giuseppe.


E’ musica leggera, ma classicamente napoletana, l’omaggio di Enrica a chiusura dell’incontro (conosco i dialetti - ci dice - e a Napoli ho vissuto degli anni). Così ci rapisce il suo assolo di Reginella: nessun accompagnamento musicale, e quella sua voce d’altro tempo che ricama il testo struggente di Libero Bovio è la stessa che poco fa cantava i versi di alcune sue raccolte, Musica leggera, Il talento dei giorni, Di acque e segni labili, Il seme della pioggia, e altro.
        Il dialogo di oggi è quello fra amiche che discorrono con grazia affettuosa: Enrica percorre con Antonella  le tappe di una creazione poetica, la sua, che canta fragilità e solitudini – i poeti sono soli / col loro inverno – labirinti ed assenze, fughe e ritorni, e il piccolo affanno dei gesti quotidiani che la natura materna e pietosa accoglie e consola. Terra e pietre, cieli e stagioni, e soffi di mare che conducono memorie, acque di piogge e acque di fiumi: tutto ascoltiamo fluire nella voce che leggera scandisce il suo breve diario di parole.         
Dal gioco del dialogo si dipana una narrazione che è confidenziale (l’abitudine di leggere all’amica, per telefono, i versi appena composti… “dovremmo tutti avere un poeta per amico”, dirà Antonella) e al tempo stesso illumina una trama poetica intima e profonda, definisce la traccia inconfondibile di ogni sua raccolta: la vita colta nel suo “farsi natura” (così la felice espressione di G.Dimarti), e la poesia - canzone accesa - che ne penetra la sacralità, vi rintraccia un disegno che si fa avanti senza mostrarsi, percorre mari non navigati e orizzonti di città dove si muovono i miei simili /mutando il loro dove, s’innalza in uno “slancio esistenziale in grado di contrapporsi allo sgretolante grigiore del mondo” (A.Lucidi).
    
        Quiete onde di luce, si travestono / e si fingono stelle, anzi parole: ecco evocate dalla conversazione, le creazioni di Enrica per i bimestrali Grandi Temi di UT **,  in ciascuna la vastità sontuosa del tema è ricondotta all’alveo imprevedibile e dimesso di un quotidiano che si fa poesia.

        Così La Rivoluzione è insurrezione delle pratoline insorte per me […] sulle spalle della primavera, angeliche e beffarde agli occhi dei passanti, che cantano per lei, levata / a contemplare quel che ci sarebbe / stato se il mondo non avesse / smarrito la parola. E Il Desiderio è abbracci di fretta fra i cespugli, crepuscolo di festa e di giostra in riva al mare; Il Suono è quello argentato di chitarra, uscita dalla pancia di legno al tocco della sua mano bambina (Fu da frichina la prima vodda / ch sndiett snà na chitarra); Fragilità è la veste comprata dai Cinesi per spendere poco, bella e gracile e rattoppata e ricucita ancora, non posso più indossarla e non la butto via; L’Indiscrezione è un cassetto gonfiato dal tempo, riaperto dopo anni, sedimento di memorie oggetti parole… perché, ci racconta Enrica, conservare ciò che è ferito e non riesco a buttar via è un po’ simile allo Zen e alla sua filosofia della guarigione possibile di ciò che è stato… E sono Labirinto i disegni invisibili delle rondini che impazzano nere, è labirinto il cielo di scie chiare come un Maggio dentro il quale perdersi è come ritrovare / lontano, a riva, / la casa che lasciamo ogni giorno / alla deriva.
        Ci congediamo ormai, e giurerei d’averlo visto sorridere, l’anziano perplesso grande signore con palloncino rosso sulla parete destra, grato come tutti noi ad Enrica per questa breve indimenticabile heure authentique de vrai bonheur ***.
 Gli ottanta versi del poemetto inedito che hanno aperto l’incontro sono stati anch’essi “Canto di vita”; come nel Canto di Hofmannsthal vi echeggia una nostalgia senza nome…nostalgia di vita, vi aleggiano  atmosfere sospese: su quelle, oggi, si affacciano assorte - straniate/stranianti immagini - i giganteschi ritratti in foto che dalle pareti colorano prepotenti lo spazio*…

*  Personale di Rita Vitali Rosati - Galleria Marconi, Cupra Marittima, 21 maggio / 17 giugno 2017
** POESIENRICALOGGI” – I QUADERNI DI UT  XII-MMXVI n.1
*** G.Brassens, Histoire de faussaire

Il filo s'è spezzato che cuciva la veste.
Era una veste nera con riporti di merletto
comprata dai Cinesi per spendere poco.
Una gonna a campana che ondeggiava sul corpo
disegnava petali sulle gambe in moto.
Stoffa gracile, tessuto sintetico, un po' di cotone.
Era bella la gonna coi riporti di merletto.
Ma nell'uso dei giorni l'ho sentita strapparsi
e a ricucirla s'è strappata ancora.
Era bella e sottile, piccolo sogno di campana.
Giovinezza in transito per strade di sole.
Non posso più indossarla e non la butto via:
è un ricordo d'estate, da Yang Xin.

(da "PoesiEnricaLoggi")


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