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10/08/20

Note di Francesco Varano su "Una profonda leggerezza"

Cara Enrica, la tua poesia di questo libro è un dialogo intenso con le forme del vivere: il contenuto è essenziale ed esistenziale. Non ti sfuggono gli elementi naturali, di cui noi esseri viventi facciamo parte. In ogni caso, poesia per poesia tu richiami questa appartenenza, e la distingui, ora, in memoria, ora, in un sentimento minimale, che la creatura ha di se stessa. (pag.54). Tu poni l’interrogativo principale del perché noi abitiamo gli elementi naturali, del perché la vita stessa abbia una ragione (soffio, cuore, ombra)(pag.53), del suo diritto a esserci (pag.54) o del perché della propria azione di senso: "e il senso della vita come andato/ a gettarsi nell’acqua sconosciuto". Questo libro si apre con l’immagine poetica dell’inverno, con la poesia “Poemetto della Neve”, dedicato a tua sorella Marisa, si chiude con l’elogio dei fiori della primavera, con la poesia “Dedicato ai fiori”. La prima poesia comprende la tua sensibilità verso la natura, e quella umana verso le creature, e in particolare: tua sorella. Tratteggi un suo ritratto e quindi la sua immagine, attraverso la “memoria”, formata da una serie di ricordi, ed è memoria in quanto assumi una tua posizione nel confrontare quest’immagine, che alta si alza, su ogni elemento altro: sulla neve, sul paese, sui suoi abitanti, sulle strade, anche sulle campane e altro ancora. Questa immagine della “memoria” ti riflette. Perché tu mediti sull’interrogativo esistenzialista, che la vita abbia un senso in sé, ma man mano che i soggetti lo cerchino e poi lo perseguano: dal concetto di responsabilità a quello di solidarietà o di impegno. Una cifra etica, come sosteneva sulle macerie della seconda guerra mondiale, il pensiero esistenzialista laico francese. Ti domando se alla vita questo senso ancora le possa appartenere, o se sia divenuto completamente "sconosciuto" (pag .55), oppure se il soggetto attraverso il linguaggio, e l’espressione delle parole che "si tengono per mano>> (pag.56), possa ancora accarezzare dei sogni, dopo aver lenito le ferite, come quelle della solitudine esistenziale, "tra uomo e uomo ci sono anni luce"(pag.58). Ma se non sbaglio viene anche il “giorno” della ricomposizione esistenziale: quel "giorno suddiviso in ore che odorano d’arancia>> (pag.76) o quel giorno che gioca con le ore come fossero pagine e le sfoglia "e le abbandona nel vento come paglia" (pag.87). Mi sembra corrisponda a una ricomposizione, dettata dalla leggerezza, in cui interlocutori sono gli stessi elementi naturali, o meglio organi di un corpo, di cui viene tessuto l’elogio: sono essi che si lanciano per costruire ora un piacere somatico e spirituale. Perché rispetto alle domande che vengono poste dagli interlocutori, il tuo “io” poetico, ora è presente con "un guizzo di palpebra", ora con "un sussulto del cuore",ora con "un ramoscello", per far pace con "la vita che s’aggira raminga/ e ruzzola sulle labbra di chi non dice/ e suona mentre qualcuno parla". Ancora verso la vita dici: "una piccola pianta verdeggia/davanti a una finestra" (pag.75). E se ancora il giorno e le sue ore che odorano d’arance sono la vita stessa, il tuo “io” poetico racchiude anche quell’impegno etico e può dire a voce alta: "il cuore l’ho lasciato sopra un muro a cantare come un orologio antico"(pag.76). 

Francesco Varano vive a Roma e ha pubblicato la raccolta di poesie “Il giardino medievale”, (Polistampa, 2012).
Ulteriori informazioni sul sito:http://www.francescovarano.it/ )

Sto interrogando il giorno e le sue ore 
a spicchi vengono intorno a sera  
si dividono come arance e odorano. 
Il cuore l'ho lasciato sopra un muro  
a cantare come un orologio antico. 
Il mio bene distinto fortemente 
da quel che accade, brilla 
come il sole in una meridiana  
sull'antica parete della torre.

17/05/20

Dopo la mareggiata



Dopo la mareggiata brilla il sole
si adagia sulla spiaggia
semideserta e dona
mille lucciole accese dentro l'acqua
come un giorno per noi pallido e vero.

E.L.


03/05/20

Speranza


Sei tornata con questo sole
e con le foglie della pervinca
nel verde del giardino solitario
a piccoli passi, silente.
Io sono qui accanto a te
e incredula ti sorrido
ricordo gli antichi tuoi movimenti.
Ti aspetterò fino a sera, 
fino all'ultimo dei tuoi sguardi.

(E. L.)

21/04/20


… E le foglie dell’edera ritornano
a cingere di sé queste parole,
a trasformarsi in abiti celesti
lungo le mura della mia dimora.
Tornerò sui miei passi a riconoscere
quel che di me ancora non sapevo,
al vestito dismesso in primavera
che ha raccolto per sè le verdi fronde…


(E. L.)

14/04/20

L'orto dei miei ricordi




In questo racconto descrivo un aspetto dell'attuale mia vita quotidiana. Ho cercato un angolo di natura nel piccolo orto dietro casa mia: uno spazio di colorate presenze per ricreare lo spirito che langue.
Ringrazio Il Graffio.online per la pubblicazione.


03/02/20

"La nuova alba", di Giulietta Straccia



Le poesie di Giulietta, di recente pubblicazione, sono state per me una lettura avvincente. Accanto alle vivaci immagini e alle metafore vibra concreto il senso della vita, rivestito di versi incandescenti, fissi in una liquidità che li lega l’uno all’altro senza pause, nella misura di un canto che sboccia felice e tesse parole d’amore e di dolore, lungo un’ispirazione florida e cospicua.
Nell’equilibrio mobile di un verso sull’altro, risplende il tutto di una nobile ingenuità, nella minuta ed effervescente contemplazione di quanto accade.
Il destino nella poesia di Giulietta è anch’esso poesia, grazia da abbracciare, canto da ripetere, consolazione che si traduce, si dispiega in immagini, come nei suoi dipinti che istoriano il libro, e sono l’equivalente policromo delle parole: disegni sulla rima del sogno, impavide proiezioni della fantasia, candidi esorcismi della sorte.
La poetessa s’incammina sull’onda fertile dell’ispirazione, tenendoci per mano, affidando al lettore l’equilibrio della comprensione, di una gioia che zampilla anche accanto alle note aspre, alla forza di un fato che traveste i colori, e coraggiosamente si porge a chi voglia trattenere per un attimo il respiro, conservare il tessuto immaginifico per restituirlo alla Vita che fa di Giulietta una maga bianca. Nella sua cornucopia essa accoglie accenti, figure, forme che si stemperano man mano che ascoltiamo la sua pagina viva e vibrante, e crediamo all’avvenire delle sue parole.

Verrei da te

Mi vestirei di silenzi
Mi spoglierei nel tuo cuore
Mi adornerei come una sposa
Salirei con te negli spazi deserti
della tua anima e
Lascerei germogliare
Il seme della speranza
Vagherei sospinta dal vento
nelle tue libertà
Incredula e stordita
Mi addormenterei nel tuo sogno


La prima parte del libro ospita anche cinque racconti, che sottintendono la stessa poetica. Lascio la sorpresa al lettore riguardo agli argomenti e aggiungo soltanto queste osservazioni tratte dalla prefazione di Cinzia Tani: “Sia le storie in prosa che quelle in versi sono suggestive, commoventi. Anche se fra le righe sentiamo scorrere lacrime di delusione e anche di disperazione, c’è sempre annidata la speranza, la voglia di serenità, la forza di volontà, la solidarietà a riportare l’equilibrio, a lasciarci un sorriso.“