L’opera di Fabrizio Mariani si muove nello spazio di
una vivace, poliedrica citazione
culturale, sempre più raffinata. I temi che essa svolge vivono una ripetuta
messa in scena dei voli di una forte fantasia tenuta desta da una serie di immagini
che si distribuiscono sulle tele cavalcando egregiamente il detto e il non
detto, il dicibile e l’indicibile. Sono figure, orme della vita che si va
sminuzzando per trascrivere i reperti di esperienze distribuite con ironia ed
amore, finezza ed invenzione. I colori e i temi ri-scrivono un percorso che si
va svolgendo davanti agli occhi come una nuovissima natura-morta, stilizzata
nelle forme che vanno dall’astratto alla figurazione volutamente dissimulata.
Brillano i colori tenui o forti in un racconto segreto e insieme rivelato, purchè lo sguardo incontri la dinamica fertile dell’artista e si lasci trasportare, quadro dopo quadro, fino all’installazione, per le vie gentili ed unanimi di un respiro poetico. Una sottile discrezione fa sì che i significati si lascino indovinare, ci lascino ricalcare i passi di un gioco narrativo che dona il suo respiro ininterrotto, che si scrive e si ri-iscrive in noi, in un ripetuto incontro col suo finissimo humour, che altro non chiede che di farci luce, di appartenerci.
Brillano i colori tenui o forti in un racconto segreto e insieme rivelato, purchè lo sguardo incontri la dinamica fertile dell’artista e si lasci trasportare, quadro dopo quadro, fino all’installazione, per le vie gentili ed unanimi di un respiro poetico. Una sottile discrezione fa sì che i significati si lascino indovinare, ci lascino ricalcare i passi di un gioco narrativo che dona il suo respiro ininterrotto, che si scrive e si ri-iscrive in noi, in un ripetuto incontro col suo finissimo humour, che altro non chiede che di farci luce, di appartenerci.
Enrica Loggi