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02/12/14

Va crescendo come un grappolo l'autunno...



Va crescendo come un grappolo l'autunno

in fila i platani compagni di strada

lontano dal mare si trasforma la terra

in qualcosa che brucia le stoppie e le canne.

Il mare si fa accendere da lontano

da un sole che brucia e colora di celeste

la sua favola fino all'orizzonte

come in un miracolo che dura forse un anno

nell'avventura che ci tiene desti.

E.L.

01/10/14

A Grottammare Alta, un museo per il Tarpato


Lo conoscevo. Ero entrata più volte nel luogo dove vivevano i suoi quadri e lui, silenzioso, vivente il dolore visibile della sua esistenza, si ritirava come per nascondersi a qualsiasi possibile mondanità: una bottega da autodidatta in Piazza Peretti a Grottammare Alta, il borgo scosceso che abitava la sua pittura, nella realtà come nel sogno. Giacomo Pomili il suo nome. Il Tarpato, la firma della sua arte che evocava un disagio lungo anni, la fatica di sciogliersi alla vita, di tradursi per il mondo. Silenzioso, guardava i visitatori della sua “bottega” dietro una specie di sorriso restìo. I quadri erano allora disposti confusamente, ma non si faceva fatica a coglierne un’inusitata bellezza, singolare e forestiera, per niente dilettantesca.
La sua città gli ha dedicato un museo a sedici anni dalla morte. Un luogo pieno di suggestione che era stato l’antico forno del borgo, a un passo dal Teatro dell’Arancio, dunque nel cuore del vecchio incasato e prospiciente la sua” storica” bottega, ora irriconoscibile in un festoso e turistico baretto.
Nel luogo nuovo, i quadri sono la festa del pubblico accorso all’inaugurazione. Cosa ne avrà pensato il Tarpato che in età avanzata non voleva neanche venderli, che non faceva mostre, che non ritirava premi?


E da quale piega della sua fantasia sgorgano le sue creature, che hanno in sé una festa non più segreta, i passi di un sogno durevole, che accompagna la visione di una Grottammare trasfigurata, percorsa da un vento di misteriosa allegria, in un fascino che avvince ai colori, alle forme di quest’arte di passione e magia?
E forse non solo allegria, ma stupore, per i piccoli uccelli in volo sopra cuspidi di chiese, vestiti di piume variegate, gli animali esotici nelle loro innocenti trafile, la prospettiva sghemba delle vie e della città immersa nel suo cielo, percorsa da strade che l’annodano come nastri salendo e scendendo fino al mare, o al trenino dove s’imbarca un viaggio per un nonsodove che ci trascina nel paese interiore di Giacomo, un uomo-fanciullo…


E ancora barchette, piccole vele dai colori mescolati con la sincerità e l’ingenuità della sua anima primitiva, capace di vedere insieme, nella neve e nella notte, gl’innumerevoli tetti di Grottammare che posa lungo la sua riviera, un mare che è anche ruscello azzurro, mentre la luna si tinge di rosso e i dorsi delle colline si lasciano arrampicare dalle case, crepitano nei tetti rossi o blu, fervono in una convivenza a cui il cuore  le ha unite, occhieggiano come dimore di una comune infanzia.
Vedere i quadri insieme è come un risveglio, un’immersione nell’arte del Novecento, perché vi ritroviamo inconsapevoli ( o forse no) rimandi a Dufy e a Chagall, perfino a Picasso, e il comporre del Tarpato ha un èsprit che non si può restringere in una definizione di naif per la sua arte, ma muove da un’intuizione che s’inoltra, una percezione onirica e insieme sapiente, come filtrata da una segreta fiducia in chi guarda e può ancora rallegrarsi per il colore, l’ altrove di questi dipinti sospesi fra il cielo e la terra come aquiloni.


E adesso mi rendo conto che il silenzio di Giacomo era il suo abitare questa città sconosciuta, conoscere il canto di una terra di colori dove nessuno poteva entrare, perché non avrebbe capito…
Questo mite universo è ora un bene di tutti, una strada segreta per cui attraversare il sogno di un uomo diverso dagli altri, un custode di umanità, il sorriso e lo sgomento delle sue figure femminili, del suo autoritratto, giocoso ma anche austero, il profilo bianco del suo inseparabile Lupo, il cane che aveva trovato randagio ed è diventato una sigla pittorica. Sorriso e sgomento di fronte a una pittura “seria”, che auspichiamo raggiunta presto dagli addetti ai lavori per essere inserita a buon diritto nel panorama della nostra arte del Novecento.


Enrica Loggi

24/07/14



Crepuscolo di nuvole fuggite,
la tamerice color verde cupo
prima del mare che non dice niente.
Di sera lui ascolta solamente.

17/06/14

"Pronto Enrica? Sono Rita" Visioni critiche di Rita Vitali Rosati sulla poesia di Enrica Loggi


Pronto Enrica? Sono Rita

Mi è sempre piaciuto pensare, e oggi ancora di più, al mondo della poesia, come a un giardino la cui quiete ( apparente ) è ricca di presenze, abitata da amici poeti e raffinati scrittori con i quali, di quando in quando, senza sottrarmi, ho potenziato uno scambio di telefonate, email, e brevi saluti formato cartolina.
Con Enrica ho intrapreso da tempo e da un lontano fin troppo poetico un duetto denso e confidenziale, attraverso il quale entrambe esploriamo le nostre solitudini e altri rovelli.  Nelle pause, quelle della quotidianità, vive, salvifica, la figura di Enrica che lega la sua storia al tempo e ai luoghi fitti di Infiniti, affollati di slanci emotivi, di perfette armonie.  In uno spazio in cui prende corpo la sua voce poetica, le sue parole transitano tra altri ritmi e altri percorsi per dire o “disdire” in un controcanto che il suo animo colto sa tradurre, nello scorrere del tempo.  E scorrono anche le immagini che Enrica, autrice delle malinconie vaporose ricompone attraverso i suoi versi.  Ho in mente i suoi sorrisi che vogliono tacere più che esprimere le amarezze di una vita difficile, la sua vocazione forte, isolata nella provincia dei malumori, delle distrazioni, dell’indifferenza.  In un paesaggio caotico come questo odierno, il suo “puntellare le rovine” di eliottiana memoria non parla di un’autrice estranea alla propria contemporaneità, ma la investe di un ardore fisico concreto che si materializza tra i “fiori inconsapevoli”, in quel giardino nominato all’inizio dove si percepiscono umori, respiri, fragranze, simmetrie dello sguardo e ardori di uno spirito comunque e silenziosamente energico.  Se è vero che sono tanti e diversi i modi di narrare, nella scrittura come nell'arte figurativa e nella fotografia, questo passo doppio di Enrica, (Enrica visionaria, Enrica spettatrice), ci testimonia di questo suo sguardo più ampio e meticoloso. Uno sguardo che è come una carezza dietro le finestre chiuse, dietro i mille trabocchetti della vita o  di una news di troppo che ci inchioda ad un muro, ad un’ombra. 
Tra le pieghe dell’esistenza e le trame di un’ interiorità che anima al femminile l’ascolto del mondo, Enrica ci prende per mano e ci conduce in una dimensione che sa di protezione. Come in una terra promessa investita da emozioni intense, da squarci dove fiori e foglie, cieli e la vastità del mare sono la metafora di ciò che nel profondo si agita, evapora e si espande mentre in un respiro più ampio e maggiore cresce la tensione poetica e altre e più alte accensioni. 
Immobile, il lettore, cara Enrica, ti  ascolta, miracolato dal dono così ricevuto.  Anch’io, tra loro, nel commiato finale, mia sempre più cara Enrica, ti saluto con l’ ammirazione  che tu ben conosci, riservandomi quell’abbandono che prelude al sogno per poi, perdermi come sempre tra i chiarori di questa tua rima attraversata dal vento…….

Rita Vitali Rosati  ( http://www.ritavitalirosati.it/ )

( Enrica Loggi - foto di Rita Vitali Rosati )

29/05/14



Perché gettare via i fiori
prima che la stagione cambi?
Non è forse infinito
l’addensarsi dell’erba sul greppo?
E allora, lacrime alle lacrime
ma di colore si vesta
il più nero dei tuoi pensieri.

25/04/14



Rosa d'aprile bagnata dalla pioggia.
Un volto che abbiamo amato.
Benedetto e sferzato dalla vita.




21/04/14




Al largo si disfa la luce diurna
la foce di sabbia bagnata si versa nel mare.
E' passata un'ombra di pioggia che va ad asciugare.

(E.L.)


14/02/14




La luna s'è mostrata tutta piena

ha detto buonanotte, buonasera

dal cielo sceso nella mia finestra

come un occhio benevolo, un bel viso

nel tramonto disteso ed improvviso

sopra le luci della mia città

che come questa luna ci saluta

dal largo del suo mare, sprovveduta.


( E.L.)


07/01/14



a Roberto



Nella tua voce è il riposo dell’inverno,

l’affollarsi di bacche sui cespi

il rosso dei papaveri.

Come in una barchetta di carta

viaggiano le tue parole

si stringono al mio orecchio.

Compagno del mio antico avvenire

parti con me ogni giorno

per l’isola smarrita,

la terra rimasta ad aspettarci.



Enrica